La consapevolezza di sé nella cultura orientale

Statua di Bruce Lee

Usualmente siamo portati a dividere la mente umana in due parti: una emotiva e l’altra razionale, trascurandone la forte interconnessione che determina le nostre azioni e le nostre decisioni. In Oriente fin dall’antichità, una semplice parola composta da tre lettere xin indica la sede delle emozioni che coincide con quella dell’intelletto.
Nel Novecento un filosofo cinese, Bruce Lee, noto ai più come regista e attore di film di arti marziali, ha elaborato il suo pensiero e le sue tecniche di combattimento basandosi sull’incontro della cultura orientale con quella occidentale. Nei suoi manoscritti Bruce Lee sottolinea l’importanza della consapevolezza di sé e dell’autorealizzazione nella natura dell’essere umano.
Nel manoscritto Living: Oneness of Things del 1963, Bruce Lee spiega la sostanziale differenza delle due culture prendendo come esempi il filosofo francese Cartesio e il maestro orientale Lin – Chi. Il modo in cui noi occidentali pensiamo ha permesso a Cartesio di dimostrare che esistiamo. Il suo processo teorico ci porta fuori dal mondo per qualche momento, il tempo utile a seguire il suo ragionamento e vedere cosa resta immune al dubbio umano: il pensiero, la cui esistenza a sua volta sottintende quella di un soggetto pensante. Questo procedimento logico non può essere attuato da un filosofo cinese perché concepisce il mondo come una realtà inscindibile, dove tutte le forze sono connesse fra loro. Ogni cosa è caratterizzata dalla reciprocità fra un soggetto che crea un oggetto e viceversa, per questo motivo non si può separare il conoscente dal conosciuto.
In Oriente non si spezza il flusso della vita. Per spiegarlo Bruce Lee prende come esempio il divertimento. Tutte le nostre esperienze felici vengono vissute ininterrottamente: quando le viviamo non ci chiediamo mai se ci sentiamo davvero appagati, se lo facciamo vuol dire che non lo siamo. Se la completezza delle cose viene negata non è più tale. Se smontiamo la nostra automobile in tutti i suoi pezzi, essa non può essere considerata nella sua natura originaria in quanto ha perso la sua funzione. La consapevolezza della vita quindi non consiste nel ponderare le nostre esperienze ma nel viverle.
In The Process of Centering Bruce Lee continua le sue riflessioni sottolineando l’importanza di centrarsi, cioè di conoscere il proprio xin, che può avvenire solo attraverso il superamento dello scontro tra ragione e passione. Egli fa notare che vedere le cose e i loro opposti in modo distinto, tipico della cultura occidentale, spesso ci porta a conclusioni non corrette. Un altro punto fermo nel suo pensiero è la natura dell’essere umano. Bruce Lee non nomina direttamente Aristotele però in un breve manoscritto senza titolo scrive alcune righe sulla misura del valore di un uomo: la felicità, intesa come sinonimo di benessere e come compimento di una condizione in cui ciascuno di noi sviluppa il proprio potenziale, caratterizzato dall’uso della ragione e della creatività, aspetti che ci differenziano dalle altre forme di vita esistenti.
Nelle arti marziali Bruce Lee passa dal pensiero all’azione elaborando il Jeet Kune Do (jkd). In merito a ciò, in più occasioni sottolinea che il jkd va visto semplicemente come un veicolo utile a superare gli ostacoli, in particolar modo egli fa l’esempio della barca usata per attraversare il fiume. Una volta arrivati sull’altra sponda essa va abbandonata e non portata sulle spalle. In pratica la sua visione delle arti marziali si basa sull’idea di non restare intrappolati nei vari stili che di fatto creano preconcetti e limitano le potenzialità umane. La libertà personale si rispecchia nel combattimento quando si ha la flessibilità necessaria per adattarsi al continuo mutamento. Per Bruce Lee un buon maestro risveglia in ogni studente la voglia di auto realizzarsi e capirsi, infatti nel formare i suoi allievi, egli non dava loro una forma precostituita, rigida, bensì li orientava all’autoconoscenza e all’autorealizzazione. Il jkd quindi non è semplicemente uno stile di combattimento, ma anche un processo che conduce verso la scoperta di sé, verso la libertà personale.
Le arti marziali, così come tutti i tipi di arte, sono una via che permette all’essere umano di trovare il proprio equilibrio interiore e cogliere la propria natura nella sua unicità.

Thomas Grippo


Bibliografia: Bruce Lee, Artist of life, a cura di John Little, (versione italiana, Il Tao del Dragone, trad. da Anna Poletti) Mondadori, Milano, 2006.

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